AI Agent: cosa sono e perché sono la nuova frontiera dell’organizzazione adattiva
AI Agent: cosa sono e perché sono la nuova frontiera dell’organizzazione adattiva

AI Agent: cosa sono e perché sono la nuova frontiera dell’organizzazione adattiva

Autore: Daniele Vanzanelli

Dopo una prima fase in cui l’intelligenza artificiale generativa ha trovato applicazione principalmente nella creazione e comprensione del linguaggio naturale, il dibattito tecnologico e strategico si sta spostando su una nuova evoluzione: quella degli AI agent e dell’Agentic AI, termini – diversi come vedremo, ma sotto certi aspetti simili – con i quali si definiscono sistemi intelligenti progettati non solo per generare risposte o contenuti, ma per completare interi task in autonomia, prendendo decisioni, attivando strumenti esterni e adattando il proprio comportamento in base al contesto e agli obiettivi.

A differenza dei tradizionali chatbot o assistenti conversazionali, gli agenti AI sono capaci di definire un workflow, pianificare le azioni necessarie e interagire con ambienti complessi – digitali o fisici – per portare a termine compiti articolati. Possono, ad esempio, scrivere codice, testarlo, correggerlo e integrarlo; oppure analizzare grandi volumi di dati, estrarne insight rilevanti e automatizzare successive decisioni operative. Il tutto sfruttando le capacità semantiche dei Large Language Model (LLM) per comprendere istruzioni in linguaggio naturale e decidere quando e come ricorrere a strumenti di terze parti, API o database.

Siamo di fronte a una “nuova” generazione di AI che si distingue per un approccio proattivo e contestuale, che apre scenari di grande interesse per le imprese. Dagli ambiti IT alla progettazione software, dalla gestione documentale all’assistenza clienti, fino ai flussi di lavoro interfunzionali, si propone come un motore di automazione intelligente, in grado di snellire operazioni complesse, migliorare la produttività e ridurre il carico cognitivo sui team.

L’interesse crescente da parte del mondo enterprise non riguarda solo l’efficienza operativa, ma anche la capacità degli agenti di adattarsi e apprendere: attraverso il monitoraggio dei risultati, possono infatti migliorare nel tempo, affinare le scelte e anticipare le esigenze.

AI Agent e Agentic AI: c’è differenza

Come accennato, parlare di AI Agents e Agentic AI non significa riferirsi allo stesso concetto. All’apparenza simili, descrivono in realtà approcci molto diversi alla progettazione e all’utilizzo dell’AI, con implicazioni strategiche rilevanti per le imprese. Capire la distinzione non è solo una questione semantica: significa comprendere come queste tecnologie possono essere applicate, con quali benefici, e con quali limiti.

Gli AI agent sono progettati per svolgere compiti specifici all’interno di un perimetro ben definito. Possono, ad esempio, rispondere a domande, gestire la posta elettronica o automatizzare attività semplici e ripetitive. Si comportano come assistenti virtuali che eseguono esattamente ciò che viene loro richiesto, senza prendere iniziative o adattarsi al contesto. Il loro funzionamento è guidato da regole precise, e la loro efficacia si manifesta soprattutto in situazioni in cui l’ambiente è prevedibile e le richieste sono standardizzate. Sono strumenti utili per migliorare l’efficienza operativa, ma restano limitati dalla mancanza di autonomia e di capacità decisionali.

L’Agentic AI, invece, rappresenta un’evoluzione più avanzata. Non si limita a eseguire istruzioni, ma è in grado di prendere decisioni, gestire processi complessi, analizzare dati in tempo reale e interagire con l’ambiente in modo autonomo. Questi sistemi possono adattarsi a contesti diversi, riconoscere segnali comportamentali o emozionali e, in alcuni casi, mostrare empatia nei confronti degli utenti. L’Agentic AI non solo svolge compiti, ma li pianifica, li organizza e li coordina in funzione di obiettivi più ampi. Può utilizzare al suo interno diversi AI agents per portare a termine le singole attività necessarie al raggiungimento del risultato. Per esempio, un sistema agentico potrebbe generare un contenuto con l’AI generativa, usarlo per prenotare un volo e un hotel, e gestire in autonomia tutte le azioni intermedie.

La differenza principale, dunque, non sta tanto nei compiti eseguiti quanto nel modo in cui vengono gestiti: mentre gli AI agents rispondono a comandi predefiniti, l’Agentic AI agisce in modo proattivo, con maggiore flessibilità e intelligenza contestuale. In questo senso, i sistemi agentici superano i limiti dei modelli AI tradizionali, aprendo la strada a soluzioni più dinamiche, adattive e orientate all’obiettivo.

Futuro integrato, ma con nuove sfide

È chiaro che i confini tra AI Agents e Agentic AI già sono e in futuro potrebbero essere ancora più sfumati. Le tecnologie si evolvono e si contaminano: già oggi alcuni agenti sono dotati di componenti che apprendono, mentre i sistemi agentici iniziano a essere utilizzati per task apparentemente semplici. Il futuro potrebbe vedere l’emergere di AI ibride, in grado di combinare le capacità operative degli agenti con l’adattabilità dei sistemi autonomi.

Come funzionano gli AI Agent

Come già accennato, gli AI Agent combinano la potenza dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) con la capacità di interagire dinamicamente con fonti esterne, strumenti e ambienti complessi. A differenza degli LLM tradizionali – che generano risposte basandosi esclusivamente sui dati appresi in fase di training – gli AI agent sono progettati per raggiungere obiettivi specifici in modo autonomo, articolando il proprio comportamento in fasi successive, adattabili e migliorabili nel tempo.

Ma come funziona, nel concreto, un AI Agent?

Possiamo dire che il funzionamento degli AI agent si articola in diverse fasi, che insieme ne definiscono l’efficacia e il potenziale applicativo. Tutto parte dall’obiettivo: sebbene siano progettati per agire in autonomia, questi sistemi hanno comunque bisogno che un essere umano – che sia il team di sviluppo, l’organizzazione che li distribuisce o l’utente finale – definisca un contesto operativo chiaro, uno scopo da raggiungere e gli strumenti disponibili.
Una volta ricevuto l’obiettivo, l’agente è in grado di analizzare il contesto e scomporre il compito principale in una serie di sotto-task più semplici, costruendo un piano operativo coerente. Questo approccio, noto come task decomposition, è particolarmente utile per affrontare problemi complessi. Quando invece l’attività è più lineare, l’agente può procedere senza una pianificazione articolata, migliorando il proprio output attraverso un processo di perfezionamento graduale.

Una delle caratteristiche più distintive degli AI agent è la capacità di colmare eventuali lacune informative attraverso l’accesso a strumenti esterni. A differenza dei modelli linguistici statici, che si basano esclusivamente sui dati appresi durante l’addestramento, un agente può interrogare fonti esterne, come API, motori di ricerca, database o addirittura altri agenti specializzati, per raccogliere le informazioni necessarie. Questo processo, noto come tool calling, consente al sistema di aggiornare la propria base di conoscenza in tempo reale e di adattare il piano d’azione alle nuove evidenze. Se, ad esempio, un utente chiede di trovare il periodo migliore per fare surf in Grecia, l’agente può consultare dati meteorologici storici, analizzare tendenze stagionali e persino coinvolgere un agente specializzato in previsioni legate agli sport acquatici.
La capacità di orchestrare più strumenti e risorse rende gli AI agent molto più flessibili rispetto ai modelli tradizionali.

Ma ciò che davvero distingue questi sistemi è la loro capacità di apprendere. Gli AI agent possono migliorare nel tempo grazie a un ciclo continuo di apprendimento basato sul feedback. Questo feedback può provenire direttamente dall’utente, attraverso la modalità human-in-the-loop, oppure da altri agenti coinvolti nel processo. Quando ricevono una valutazione positiva, gli agenti sono in grado di memorizzare le strategie più efficaci, aggiornare le fonti di riferimento e affinare i propri criteri decisionali. Questo processo di apprendimento iterativo permette al sistema di adattarsi progressivamente alle preferenze degli utenti e alle specificità del contesto operativo, rendendolo sempre più preciso, efficiente e utile.
Ed è proprio da questo processo articolato che emerge la peculiarità degli AI Agent: non si limitano a generare risposte, bensì pianificano, interagiscono, correggono i propri errori e apprendono. Il loro funzionamento si basa sulla definizione iniziale di un obiettivo, sulla capacità di strutturare un piano dinamico fatto di task e sotto-task, sull’uso intelligente di strumenti esterni per colmare eventuali gap informativi e su un ciclo continuo di miglioramento guidato dal feedback.

I diversi tipi di AI Agent: una classificazione per livelli di complessità

Va anche precisato che gli AI agent non sono tutti uguali. A seconda del contesto applicativo e degli obiettivi da raggiungere, possono essere progettati con diversi livelli di complessità e autonomia. La classificazione più comune distingue cinque categorie principali, disposte in ordine crescente di capacità: si parte da agenti semplici, basati su regole statiche, fino ad arrivare a sistemi dotati di capacità di apprendimento e adattamento continuo.

1. Simple reflex agents

Si tratta della forma più elementare di AI agent. Questi sistemi agiscono in base a regole condizionali predeterminate e rispondono a input specifici con azioni altrettanto specifiche, senza fare uso della memoria o di modelli del mondo esterno. Sono efficaci solo in ambienti completamente osservabili e prevedibili, in cui tutte le informazioni necessarie all’azione sono immediatamente disponibili. In presenza di condizioni non previste, non sono in grado di adattarsi o rispondere in modo coerente.

2. Model-based reflex agents

Rispetto alla categoria precedente, questi agenti mantengono una rappresentazione interna dell’ambiente. Memorizzano le informazioni percepite nel tempo e aggiornano un modello dinamico del contesto in cui operano. Questo consente loro di agire anche in ambienti parzialmente osservabili o soggetti a cambiamenti, migliorando la coerenza e la continuità delle azioni. Tuttavia, il loro comportamento rimane governato da regole fisse e non implica pianificazione o definizione autonoma di obiettivi.

3. Goal-based agents

A questo livello, gli agenti possiedono sia un modello interno dell’ambiente sia uno o più obiettivi espliciti da raggiungere. L’introduzione della logica orientata agli obiettivi comporta un importante salto qualitativo: l’agente è in grado di valutare alternative, pianificare sequenze di azioni e scegliere i percorsi più efficaci per raggiungere la meta desiderata. Questo approccio migliora significativamente la flessibilità e l’efficacia operativa, specialmente in contesti complessi.

4. Utility-based agents

Gli agenti basati sull’utilità estendono ulteriormente il concetto di goal-based agent, integrando una valutazione quantitativa della qualità delle decisioni. Grazie a una funzione di utilità, l’agente può associare a ogni scenario possibile un valore che rappresenta il livello di soddisfazione o vantaggio atteso. L’agente non si limita quindi a raggiungere un obiettivo, ma sceglie il percorso che ottimizza i benefici secondo criteri predefiniti (come tempo, costi, efficienza o altri parametri rilevanti). Questo tipo di agente è particolarmente utile quando esistono più modi per ottenere un risultato e serve identificare quello più vantaggioso.

5. Learning agents

Infine, gli agenti con capacità di apprendimento rappresentano la forma più evoluta. Oltre a possedere modelli, obiettivi e funzioni di utilità, questi sistemi sono in grado di migliorare le proprie performance nel tempo attraverso l’interazione con l’ambiente. Apprendono da esperienze passate, aggiornano autonomamente la propria base di conoscenza e adattano il comportamento futuro. L’architettura di un learning agent include tipicamente quattro componenti: un modulo di apprendimento, un critico che valuta le prestazioni, un modulo decisionale e un generatore di nuovi problemi. L’efficacia di questi agenti aumenta progressivamente man mano che acquisiscono dati e feedback, rendendoli particolarmente adatti a contesti dinamici o non strutturati.

L’impatto degli AI Agent sulle organizzazioni

Per anni, le aziende hanno dovuto fare i conti con processi lenti, decisionali frammentati e workflow congestionati. In un contesto dove i dati si moltiplicano più velocemente della capacità umana di elaborarli, ogni ritardo può tradursi in perdite economiche, rallentamenti operativi e riduzione della competitività. È in questo scenario che gli AI agent stanno iniziando a cambiare le regole del gioco.

Non più semplici assistenti digitali, ma sistemi autonomi capaci di osservare, pianificare e agire in tempo reale, gli AI agent stanno diventando attori attivi nei processi aziendali, accelerando decisioni, snellendo attività complesse e migliorando l’interazione tra team, sistemi e dati. Il loro impatto non è più teorico: secondo una stima pubblicata recentemente da Deloitte, oltre due miliardi di dollari sono già stati investiti in startup che sviluppano agenti AI, e si prevede che entro il 2025 un’azienda su quattro avrà almeno un progetto pilota attivo. Nel giro di pochi anni, questi sistemi saranno parte integrante del modo in cui si lavora.
Uno dei principali vantaggi degli AI agent è la loro capacità di ridurre i colli di bottiglia legati alle approvazioni, alle revisioni iterative e all’eccessiva dipendenza da processi lineari. A differenza dei sistemi basati su regole statiche, gli agenti AI sono progettati per ragionare e adattarsi in tempo reale, accedendo a strumenti, API e dati aggiornati per eseguire operazioni anche complesse. In questo modo, le aziende possono rispondere più rapidamente ai cambiamenti di mercato, prendere decisioni più informate e liberare risorse interne da attività a basso valore aggiunto.
In un’organizzazione adattiva, gli AI agent agiscono come elementi abilitanti della flessibilità, coordinando risorse, processi e informazioni in modo dinamico. La loro capacità di apprendere, collaborare e reagire al cambiamento consente all’intera struttura aziendale di evolversi in tempo reale rispetto agli stimoli esterni.
In effetti, un elemento distintivo è la capacità degli AI agent di lavorare in modo collaborativo all’interno di ecosistemi modulari. Grazie a un’architettura flessibile basata su microservizi e API, diversi agenti possono specializzarsi in compiti specifici e operare in coordinamento. Questo permette alle aziende di gestire processi trasversali – dalla gestione finanziaria alla customer experience – attraverso un’intelligenza distribuita che dialoga, si sincronizza e prende decisioni congiunte.
Le evoluzioni recenti in ambito multimodale hanno ampliato ulteriormente il potenziale degli AI agent, permettendo loro di comprendere e combinare input diversi – testo, immagini, comandi vocali, segnali ambientali – e restituire risposte contestuali più ricche e precise. Questo non solo migliora l’esperienza utente, ma apre nuove opportunità per settori come il retail, l’assistenza tecnica, la logistica o il post-vendita, dove l’interazione naturale tra uomo e macchina può fare la differenza. La logica non è più quella dell’automazione rigida, ma quella di un’organizzazione agile, adattiva e integrata, in cui i singoli agenti contribuiscono alla performance complessiva dell’azienda.

Governance e fiducia: le nuove priorità

L’adozione degli AI agent, però, pone anche interrogativi rilevanti sul piano della responsabilità, della trasparenza e della sicurezza. In particolare, nei contesti ad alta criticità – come finanza, sanità, legale – è fondamentale garantire che le decisioni prese dagli agenti siano comprensibili, auditabili e conformi agli standard etici e normativi. Le imprese che vogliono integrare questi strumenti devono investire in modelli spiegabili, monitoraggio continuo e formazione congiunta di team umani e sistemi automatizzati.

Un cambio di paradigma accessibile a tutti

Ciò che fino a poco tempo fa sembrava riservato alle big tech è oggi sempre più accessibile anche alle PMI. La crescente disponibilità di modelli fondamentali open source, il calo dei costi infrastrutturali e l’affermazione di piattaforme specializzate stanno abbattendo le barriere all’ingresso. L’introduzione degli AI agent può avvenire in modo progressivo e modulare, partendo da singoli flussi per poi estendersi all’intera catena del valore.

Cosa devono fare oggi le imprese

Per cogliere appieno il potenziale degli AI agent, le aziende devono agire su più fronti:

  • Selezionare aree strategiche in cui gli agenti possano generare valore reale, come vendite, supporto clienti, operation o analisi dati.
  • Integrare i sistemi esistenti attraverso architetture API-driven e ambienti interoperabili.
  • Preparare le persone a collaborare con l’AI, sviluppando competenze complementari e un mindset orientato alla co-creazione.
  • Stabilire regole chiare di governance, definendo responsabilità, metriche e limiti operativi degli agenti.

Soprattutto, per trasformare davvero il potenziale degli AI agent in valore concreto, la tecnologia sola non basta: serve anche il partner giusto. Con l’esperienza di Impresoft 4ward, le aziende possono contare su competenze specialistiche, visione strategica e un supporto continuo per integrare gli agenti AI nei propri processi in modo efficace, sicuro e sostenibile.

Daniele Vanzanelli

Daniele Vanzanelli

Modern Applications Director in Impresoft 4ward