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Purple team: come integrare red team e blue team per rafforzare la security posture

Scritto da Matteo Graci | Dec 3, 2025 9:17:00 AM

Introduzione al purple team: la sinergia tra red team e blue team 

Negli ultimi anni la cybersecurity sta vivendo una metamorfosi che va oltre la mera difesa reattiva: con l’aumento di attacchi avanzati e l’intensificarsi della complessità infrastrutturale, aziende e istituzioni devono adottare approcci integrati per anticipare e contrastare in modo efficace le nuove minacce.

Il tradizionale modello di difesa, basato sulla contrapposizione — e non sulla sinergia — tra red team (attaccanti) e blue team (difensori), non basta più infatti a garantire un livello adeguato di protezione.

Gli avversari cambiano tecniche con rapidità, le infrastrutture IT includono sempre più cloud, SaaS e ambienti ibridi, mentre le priorità di business impongono tempi di risposta immediati.

In questo scenario, il purple teaming si configura come metodo di lavoro strategico che consente di colmare il divario tra offensive security e capacità difensive, trasformando attività di cyber security testing in un processo continuo di miglioramento della security posture.

Il principio è semplice: far collaborare chi attacca e chi difende in modo strutturato, così da individuare le lacune concrete che resterebbero invisibili con attività separate, trasformandole in rilevazioni affidabili e misure di contenimento realizzabili.

Un penetration test non si limita a trovare vulnerabilità, ma misura l’impatto reale del loro sfruttamento. Il purple teaming, invece, adotta un approccio collaborativo e continuo: trasforma le tecniche di attacco in migliori capacità di difesa, rafforzando detection e playbook. Non sostituisce il pentest, ma lo completa, aiutando il team di sicurezza a evolvere in modo costante.

Un’organizzazione che adotta il purple teaming non solo riduce i tempi tra la scoperta di una debolezza e la sua mitigazione, ma soprattutto evita la trappola della falsa sicurezza.

 

 Purple team: una panoramica completa

Il termine purple team viene spesso usato in maniera impropria. Non indica un nuovo reparto dedicato né un’entità autonoma, ma piuttosto una metodologia di collaborazione strutturata tra red Team e blue team.

  • Il red team emula attaccanti realistici, sfruttando vulnerabilità e muovendosi dalla fase di ricognizione fino al command & control.
  • Il blue team osserva e analizza i segnali, rileva anomalie, avvia procedure di containment, conduce attività di forensics e aggiorna le regole difensive.
  • Il purple team orchestra il ciclo, stabilendo obiettivi, definendo scenari, chiarendo le regole d’ingaggio, facilitando l’analisi congiunta e garantendo che le correzioni vengano implementate e validate. In questo modo, le conoscenze tra attaccanti e difensori si fondono, rendendo il sistema proattivo e in grado di intercettare, se non anticipare, attacchi complessi e strutturati.

In questo senso, il purple teaming è tutt’altro che “colore intermedio”. Si tratta di un processo che integra offensive e defensive security in un ciclo continuativo. Strumenti come il framework MITRE ATT&CK diventano parte integrante della metodologia, fornendo un linguaggio comune per mappare tecniche, identificare lacune e misurare il miglioramento delle difese.

Come sottolineato nella sezione dedicata al purple team, l’obiettivo non è sostituire definitivamente red e blue, ma metterli nelle condizioni di imparare l’uno dall’altro.

È la differenza tra condurre simulazioni isolate e costruire una strategia integrata di security testing, capace di trasformare ogni attacco simulato in una lezione concreta per il rafforzamento della sicurezza aziendale.

Perché le aziende hanno bisogno di un purple team per rafforzare la security posture

Il contesto tecnologico attuale espone le organizzazioni a due rischi opposti ma ugualmente gravi.

Da un lato, c’è chi si affida a una singola tecnologia — spesso un EDR di nuova generazione — considerandola una soluzione definitiva. Questa illusione del “silver bullet” porta a credere che la protezione sia totale, mentre in realtà l’EDR copre solo l’endpoint e non è in grado di monitorare adeguatamente identità, rete o cloud.

Dall’altro, vi sono organizzazioni che sottovalutano l’importanza della validazione continua, lasciando che regole di detection obsoleteo pipeline di log interrotte riducano drasticamente l’efficacia delle difese. In questi casi, l’infrastruttura sembra protetta sulla carta, ma nella pratica resta vulnerabile a tecniche di attacco comuni.

Il purple team interviene proprio su queste debolezze, in quanto:

  • allena detection, contenimento e resilienza contro scenari realistici, non solo teorici;
  • crea una “muscle memory” organizzativa, che non riguarda solo il SOC ma anche funzioni non tecniche come legale, HR e comunicazione;
  • fornisce metriche concrete per giustificare investimenti in sicurezza;
  • mette in luce errori di configurazione banali che aprono varchi significativi agli attaccanti;
  • aiuta a bilanciare tecnologia, processi e persone, evitando sia l’over-automation che la dipendenza da interventi manuali frammentati.

Inoltre, i risultati delle esercitazioni purple offrono una base solida per adottare architetture difensive più mature, e per sostenere programmi di formazione mirata come l’awareness training.

In questo modo, il purple team rafforza la detection e, in termini più estesi, innalza la resilienza complessiva dell’organizzazione, rendendo, non da ultimo, più semplice comunicare al management l’impatto reale della cybersecurity sui processi di business.

Errori comuni da evitare nel purple teaming e nei pentest

Per comprendere dove il purple teaming può fallire e come evitarlo, vale la pena analizzare alcuni degli errori più frequenti:

  1. Compiacenza nei controlli
    Un solo varco è sufficiente all’attaccante, mentre il difensore deve presidiare ogni superficie. Pensare che basti aver rilevato un tentativo di phishing per essere protetti è un errore: serve esercitare continuamente risposta, contenimento e ripristino.
  2. Il mito del “silver bullet”
    L’EDR è essenziale, ma non vede tutto. Una strategia efficace richiede livelli multipli: XDR/IDR, firewall application-aware, controlli sulle applicazioni, regole SIEM su misura e monitoraggio del network in tempo reale.
  3. Strumenti configurati male
    Misconfigurazioni in endpoint, cloud, Active Directory o applicazioni aprono la strada all’uso di tecniche di compromissione di base. Le remediation di base spesso generano il ROI più alto, perché costringono gli avversari a usare tecniche più raffinate, meno comuni, rendendo l’attacco meno “conveniente”.
  4. Assenza di playbook e procedure di contenimento
    Rilevare non basta: senza escalation definite, autorizzazioni chiare e procedure di risposta collaudate, i minuti più preziosi si perdono, aumentando l’impatto.
  5. Falsa sicurezza
    Una detection configurata ma mai attivata equivale a non averla. Solo la validazione ricorrente può garantire che i controlli di rilevamento siano davvero efficaci..

Evitare questi errori è fondamentale per sfruttare appieno il valore del purple teaming.

Non a caso, le organizzazioni più mature abbinano le attività di validazione a un percorso strutturato di governance e formazione, come quello supportato da un CSIRT interno o esteso, che coordina detection, risposta e comunicazione.

KPI da monitorare nel purple teaming

Misurare l’efficacia del purple teaming richiede KPI mirati, che vanno oltre i classici indicatori di disponibilità o conformità.

Un programma purple produce valore solo se accompagnato da metriche che riflettano la capacità di detection, contenimento e incident response in scenari realistici.

Tra i più rilevanti troviamo:

  • Mean Time to Detect (MTTD) → tempo medio per rilevare una tecnica specifica, ad esempio un movimento laterale o una persistence in cloud.
  • Mean Time to Contain/Respond (MTTC/MTTR) → tempo medio necessario per contenere o rispondere a uno scenario simulato.
  • Coverage mappato al MITRE ATT&CK framework → misurare la copertura reale delle detection rispetto alle tattiche e tecniche più comuni.
  • Dwell time simulato → tempo che intercorre tra compromissione e rilevamento, un indicatore chiave della resilienza operativa.
  • Tasso di remediation → percentuale di vulnerabilità o misconfigurazioni chiuse entro SLA definiti.
  • Qualità dei log → completezza, latenza e integrità delle fonti di log, parametro essenziale per un SOC affidabile.

Come evidenziato nell’articolo su come determinare la cybersecurity posture con i Security Assessment, la capacità di tradurre questi indicatori in un linguaggio leggibile dal business rappresenta un’opportunità concreta: consente di ottenere più facilmente il supporto del management e di orientare nuovi investimenti in modo mirato ed efficace.

Guida alla costruzione di un purple team: metodologie operative e applicazioni concrete

L’efficacia nasce da un percorso strutturato e scalabile, in cui ogni fase contribuisce a rafforzare la capacità dell’organizzazione di rilevare, contenere e rispondere ad attacchi realistici.

 

Conclusione: perché il purple team è oggi un imperativo strategico della cybersecurity

Il purple teaming rappresenta un metodo strutturato per allineare in modo continuo ciò che il red attua “attaccando” con ciò che il blue deve rilevare, contenere e ripristinare.

Grazie a questo approccio metodologico, le aziende possono:

  • ridurre sensibilmente i tempi di rilevazione e risposta;
  • scoprire lacune spesso invisibili durante i tradizionali audit;
  • dimostrare al management con metriche concrete il valore dell’attività di cybersecurity;
  • trasformare ogni esercitazione in un miglioramento reale della security posture.

Il purple teaming funziona perché svela gli angoli ciechi, accelera la remediation, e soprattutto rende i controlli misurabili e comprensibili per il management.

Per implementarlo, non serve mettere a terra da subito una vasta quantità di risorse: con un set minimo di strumenti, regole chiare e un ciclo iterativo di esercizi, è possibile costruire un programma purple team che diventi nel tempo parte integrante della strategia di information security aziendale.

Con questi ingredienti, in poche iterazioni si vedranno calare i tempi di rilevazione e risposta, aumentare la qualità dei log e crescere la confidenza del team nelle manovre di contenimento preventive.

Scopri di più sull'approccio di Impresoft 4ward al purple teaming e come può aiutarti a integrarlo nella sezione dedicata.